LA MEDITAZIONE SU MARIA SI SVOLGE ESSENZIALMENTE ATTRAVERSO LA STRAORDINARIA MESSE DELLE SUE IMMAGINI, DELLA POESIA; Il RITRATTO DI MARIA CI VIENE DA LORO, IMPOSSIBILE PENSARLA SE NON INCARNATA IN ESSE.
Ella era di media statura e di straordinaria bellezza,
le sue movenze erano quelle di una danzatrice al cospetto del sole.
La sua verginità era così materna
che tutti i figli del mondo avrebbero voluto confluire
nelle sue braccia.
Era aulente come una preghiera,
provvida come una matrona,
era silenzio, preghiera e voce.
Ed era così casta e ombra,
ed era così ombra e luce,
che su di lei si alternavano tutti gli equinozi di primavera.
Se alzava le mani le sue dita diventavano uccelli,
se muoveva i suoi piedi di grazia la terra diventava sorgiva.
Se cantava tutte le creature del mondo facevano silenzio per udire la sua voce.
Ma sapeva essere anche solennemente muta.
I suoi occhi nati per la carità,
esenti da qualsiasi stanchezza,
non si chiudevano mai, né giorno né notte,
perché non voleva perdere di vista il suo Dio.
L’ICONA DI MARIA DIVIENE; SI ACCOMPAGNA A QUELLA DEL FIGLIO, MA ANCORA PIÙ DI QUESTA SEMBRA SFUGGIRE A OGNI ASTRATTA TIPIZZAZIONE.
Con quale nome chiamare questa fanciulla dolcissima e dolente,
che sembra quasi invitarci a partecipare al respiro del suo bimbo addormentato?
È colei-che-genera,
la Donna che ha generato il Figlio,
tuttavia è anche colei che l’ha atteso,
che lo genera senza conoscerlo,
che lo cerca senza trovarlo,
che lo trova e lo perde,
che lo piange e lo ritrova o spera di ritrovarlo.
Qual è, d’altronde, l’icona per eccellenza dell’evangelista pittore,
se non quella di Maria con il bambino al seno?
Ci permettono le pitture di penetrare in tale relazione?
Giungono a manifestare il mistero,
a penetrare attraverso il visibile nel invisibile?
